Lupi dei Carpazi

Possenti, coraggiosi, feroci. Così, da tempi immemorabili, appaiono ai comuni mortali gli uomini che hanno stretto una parentela con il Lupo, siano essi guerrieri, licantropi o entrambe le cose.
In questa serie di articoli proverò a ricostruire la nascita e lo sviluppo di un immaginario che mette in collegamento l’uomo e il lupo nelle figure del guerriero e del licantropo, limitandomi a considerare l’area dell’Europa orientale che interessa l’odierna Romania e i Balcani.
Parlerò dei guerrieri Daci e Tartari e ripercorrerò le lande dell’eresia con Pietro il Lupo, osservando come nel Medioevo europeo la cristianizzazione e il conseguente accostamento del guerriero-lupo e dell’eretico a mostruosità partorite dagli Inferi avessero contribuito al passaggio di queste figure in quella del licantropo (e del vampiro).
Infine, riprenderò i fili della storia per salire in una sorta di macchina del tempo che dalle ultime leggende sui lupi mannari ci porterà alla contemporaneità, quando tale immaginario si incarna in “ibridi” davvero inquietanti, nei quali ritroviamo l’eco di antiche mitologie trasformate in ideologie. Nello specifico, infatti, accennerò ai paramilitari attivi durante la Guerra della ex-Jugoslavia che sembrano raccogliere, seppure in una forma distorta, l’eredità degli antichi “guerrieri-belva”, considerati mostri predatori e, al tempo stesso, leggendari eroi.


Di origine indoeuropea, nel I secolo a.C. i Daci fondarono il loro regno nei territori che comprendevano i Carpazi meridionali e la Moldavia.

Nel saggio dedicato al rapporto fra i progenitori dei Romeni e i lupi (1959) Mircea Eliade (1970)1 racconta che il loro nome in lingua frigia significa “lupo”2 e avanza alcune ipotesi in merito:

  1. il nome “Daci” deriva da antenati licantropi o dei in forma di lupo;
  2. durante i riti e le iniziazioni in ambito militare i Daci erano in grado di trasformarsi in lupi, diventando veri e propri licantropi o guerrieri che si comportavano come lupi.

Eliade individua anche una terza ipotesi secondo la quale i Daci prendevano il nome da bande di fuggitivi o fuorilegge che vivevano di rapina e non è un caso, osserva, se nel mondo classico le divinità protettrici degli esiliati presentavano caratteristiche lupesche. Del resto, come ricorda anche Robert Eisler (1951), intorno all’anno Mille e presso gli Angli, i proscritti avevano l’obbligo di indossare una maschera da lupo (wolfhede)3.

Ho trovato questa cartolina presso il Museo della Criminalità di Vienna. A quanto pare, l’usanza della ‘Wolfhede’ permane anche oltre il Mille e si diffonde in diverse parti d’Europa.

Per meglio comprendere le caratteristiche dei guerrieri-lupo dobbiamo tener conto che nei Männerbünde, sorta di confraternite militari segrete, l’iniziazione implicava una metamorfosi: il giovane doveva sperimentare il suo lato ferino e trasformarsi in un guerriero le cui armi principali erano “le mani, le unghie e i denti”4.

Come suggerisce Massimo Centini (2016)5, nel caso del guerriero-lupo dobbiamo rintracciare alla radice del processo di metamorfosi da uomo a bestia due aspetti:

  1. la presa di coscienza da parte dell’essere umano della propria alterità rispetto al lupo;
  2. il bisogno di circoscrivere la relazione uomo-lupo all’interno di una cornice magico-religiosa. In questo modo è possibile giustificare tramite il mito un evento (la metamorfosi) che, altrimenti, risulterebbe impossibile o esclusivamente mostruoso.

Il motivo della trasformazione dell’uomo in lupo è strettamente collegato all’esperienza della caccia e quindi al tema della sopravvivenza6.

Infatti, in maniera non dissimile dai leggendari Berserkir e Ulfhednar norreni7, anche i guerrieri Daci subiscono la metamorfosi in animali carnivori, ovvero nei cacciatori per antonomasia, grazie a liturgie che comprendono antropofagia, furore eroico, travestimenti con pelli di animali, ebbrezza e razzia.8

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FINE I PARTE.


  1. M. Eliade, Da Zalmoxis a Gengis Khan. Studi comparati sulle religioni e il folklore della Dacia e dell’Europa Orientale, a cura di Horia Cornelius Cicortas, traduzione italiana di Alberto Sobrero, Edizioni Mediterranee, Roma, 2022. ↩︎
  2. La parentela semantica viene registrata nella “Geografia” dello storico e geografo greco Strabone, vissuto a cavallo del I secolo a.C. e del I secolo d.C. Così riporta Eliade: “Dunque i Daci chiamavano se stessi anticamente “lupi”, o “simili ai lupi”, quelli che assomigliavano ai lupi. È ancora Strabone (…) a informarci che gli Sciti, che conducevano vita nomade a est del mar Caspio, avevano anch’essi il nome di dàoi. Gli autori latini li chiamavano Dahae e alcuni storici greci dáai. Il loro nome etnico derivava molto probabilmente dal termine iranico (saka) dahae, “lupo”.” In “I Daci e i lupi”. M. Eliade, op.cit. pg. 21. ↩︎
  3. Robert Eisler, Uomo lupo. Saggio sul sadismo, il masochismo e la licantropia, a cura di M. Doni e E. Giannetto, Medusa, Milano, 2011. Titolo originale: “Man into Wolf. An Anthropological Interpretation of Sadism, Masochism and Lychantropy”, Routledge & Kegan, London, 1951 ↩︎
  4. Lucrezio, De rerum natura, V, 1282s. ↩︎
  5. Massimo Centini, Lupus in fabula. Antropologia dell’uomo lupo, Mimesis, Milano, 2016. ↩︎
  6. Eisler, op.cit. Come nella guerra ci si riveste di pelli e corazze allo scopo di proteggersi e spaventare il nemico, così nella caccia, il “travestimento” – che diventa mimetizzazione – serve a confondere la preda, con la quale il cacciatore primitivo ha una relazione ambivalente. ↩︎
  7. Guerrieri-orso (Berserkir) e guerrieri-lupo (Ulfhednar) presenti nelle Saghe del Grande Nord, sui quali si è costruito l’immaginario del guerriero-belva europeo. I due termini spesso indicano lo stesso tipo di figura. Scrive Centini, op.cit. pg.181 e seg. : “Si tratta di personaggi colmi di mistero, che costituiscono uno dei capisaldi della mitologia nordica e si ammantano di elementi tipici dell’ideologia guerriera comune ai diversi popoli indoeuropei: nella tradizione leggendaria accumulatasi intorno a queste figure sono rinvenibili elementi culturali molteplici, nei quali riverberano riti e pratiche sincretistiche provenienti dalla religione, dalla magia e dal folklore. (…) Ulfhedinn (singolare di ulfhednar) è un antico termine norreno per indicare un guerriero con gli identici attributi di un berserkr, solo che a dominare era lo spirito del lupo, anche se in pratica l’indirizzo sul piano visionario e iniziatico rimaneva di fatto del tutto simile. (…) Sulla loro origine non si hanno notizie certe: la prima indicazione da parte di un osservatore esterno ci giunge da Tacito, che descrive alcuni guerrieri della vasta area geografica allora detta Germania (…). Berserkir e ulfhednar costituivano dunque una sorta di confraternita combattente, forse una società segreta (…). Nella cultura nordica tali confraternite costituivano gruppi settari di guerrieri a carattere iniziatico, che si ponevano in un rapporto dialettico ambiguo con la struttura tribale della società in cui erano inseriti: erano infatti un corpo a se stante, distinto, ma nello stesso tempo legato con un cordone ombelicale atavico alla stessa società. (…). La tradizione del lupo mannaro ha in queste figure un punto fermo verificabile.” ↩︎
  8. Un altro parallelismo con i berserkir: la Berserksgangr, nota come “furia dei berserkir”, era uno stato di simil-trance che consentiva al guerriero di non provare paura e dolore fisico, ma nemmeno pietà. Colti da questo furore, i berserkir battevano le armi contro gli scudi, li mordevano, urlavano in maniera terrificante e conducevano assalti incontenibili. Cfr. Christian Sighinolfi, I guerrieri-lupo nell’Europa arcaica, Il Cerchio, Rimini, 2011, pgg.38-42 ↩︎

Una replica a “Lupi dei Carpazi”

  1. […] per la carrellata sui Lupi, divido il pezzo in più puntate e mi appoggio all’AI per la parte […]

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