Grima – Dark Gods from Siberia

Circa un anno fa partecipavo a una serata presso un club sloveno e vedevo per la prima volta i Grima esibirsi live. Impossibile restare indifferenti alla loro performance, sia per l’abilità esecutiva, sia per la particolare atmosfera nella quale questa band, nata nel 2014 a Krasnoyarsk (Russia) vi lancia appena esce sul palco.

Figure ammantate di nero, mascherate con cortecce d’albero, che si muovono come pini secolari pronti a ghermirvi in una gelida e infinita notte, mentre il loro atmospheric black metal evoca spiriti e demoni delle grandi foreste siberiane.

Sullo sfondo, un grande cedro (pinus sibirica) stilizzato le cui radici contengono il nome di un dio misterioso e potente, del quale parleremo a breve.

I Grima sono un duo formato dai fratelli gemelli Morbius e Vilhelm, hanno all’attivo cinque FL più due live album e nel giro di pochi anni si sono affermati come una delle band più interessanti della scena BM, con tutte le carte in regola per diventare un cult-act.
Molto incuriosita dall’apparato scenico, non ho potuto resistere alla suggestione delle immagini e la ricerca dei riferimenti folklorici è stata conseguenza naturale, motivo per cui in questa breve ricognizione dei testi delle canzoni del duo siberiano troverete ciò che sono riuscita a identificare rispetto a leggende e miti di quella remota regione. Non solo: vedrete come per i Grima la musica sia anche un mezzo per diffondere un messaggio ecologista, nel quale spicca un grande rispetto per la Natura.

Ecologia e sciamanesimo nella musica dei Grima

Grima


Che gli inverni russi, e quelli siberiani in particolare, siano fra i più freddi in assoluto, con temperature che possono scendere sotto i -40°C, ormai è cosa risaputa soprattutto per questioni legate alla storia della Russia e dell’ex-Unione Sovietica. Infatti, nella cultura popolare è ben nota la figura del “Generale Inverno”, che eliminò circa l’80% della Grande Armée di Napoleone e, nonostante le tecnologie belliche molto più avanzate, anche parte delle truppe tedesche durante la Seconda Guerra Mondiale. Nell’immaginario, insomma, l’Inverno Russo è la manifestazione della potenza della Natura contro la quale l’uomo non può nulla, tanto più se si comporta da invasore.

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‘Open The Gates Will Return The Only Cold’, terza traccia di Devotion to Lord (Naturmacht Productions, 2015), album di debutto dei Grima, parla proprio dell’inizio di una tempesta di neve durante la quale i cancelli di un altro mondo si aprono dopo secoli e «un grande potere si è risvegliato». I lupi ululano perché sentono il vento e capiscono che il Grande Freddo a breve conquisterà ogni cosa, ma sanno anche che «Grima protegge solo coloro che vivono nelle foreste.».

E, dunque: chi è Grima? Sentite cosa dice la title track dell’album:

«Le vere oscurità e pace / giacciono nel profondo della foresta, / il cui cuore era morto. / I volti ghiacciati di alberi millenari. / Percepisco la magia! / Oh, Grima Onnipotente! Il tuo volere è un ordine! / Sento il tuo richiamo dall’aldilà della fine del mondo. / La tua ombra si stende sulle nostre grandi terre! Io ti servirò!»

In questo brano, composto come un’invocazione, riecheggiano certe suggestioni lovecraftiane, seppure l’entità di cui parlano i Grima non sembri affatto provenire dalle stelle, quanto piuttosto dal centro delle immense selve di cedri, abeti e betulle che ricoprono parte della taiga. Ipotesi confermata nella prima strofa del secondo brano di Tales of the Enchanted Woods (Naturmacht Productions, 2017), ‘The Moon and its Shadows’:

«In questo preciso momento sento il sussurro delle foglie / Grima, grande signore della foresta / Mostrami un’orma scura sulla neve bianca».

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Grima è un dio della selva, signore della vegetazione e degli animali – i suoi protetti, come abbiamo visto in precedenza – che abitano il folto dei boschi. Un ‘Green Man’ siberiano, potremmo azzardare, tanto più viste le maschere di corteccia indossate dai suoi accoliti che ne richiamano l’iconografia arborea… Eppure, è qui che sorge un problema: nei testi in mio possesso non ho trovato traccia di un nome simile a identificare questo spirito silvano presso i popoli siberiani, perciò mi viene da pensare che i gemelli di Krasnoyarsk abbiano creato una loro divinità, attingendo, sì, ai miti e al folklore locale, ma, allo stesso tempo, costruendo un personaggio nel quale confluiscono diverse caratteristiche, tutte funzionali, comunque, a identificare Grima con la Foresta medesima e con tutto ciò che essa contiene.

Secondo questa ipotesi, perciò, Grima potrebbe essere il cedro, il lupo, la volpe, il gufo, la neve e la luce della luna che illumina il sentiero, infiltrandosi tra i rami, ma anche l’essere umano stesso che attraversa la foresta, passando da un mondo all’altro: lo sciamano.

Grima

Scrive Luciana Vagge Saccorotti in Miti e leggende dei popoli siberiani (Xenia, 1994):

«Nelle antiche leggende siberiane si racconta di un tempo in cui l’uomo si nutriva solo di piante e le bestie parlavano; un tempo in cui gli uomini potevano trasformarsi in animali e non c’era nessuna distinzione tra l’uomo e la bestia. Essi vivevano insieme, insieme si sposavano e gli uni potevano addirittura allevare i figli degli altri (…) Ogni animale, oltre all’anima individuale, ha uno spirito tutelare della specie chiamato “Signore” o “patrono” (…) Ma non sono solo gli animali ad avere un’anima. Ogni cosa che esiste è viva e se è viva ha un’anima e uno spirito che la protegge. Ecco quindi gli spiriti protettori della natura.»

Nella leggenda intitolata ‘La collera dello spirito della taiga’, riportata nella raccolta di Saccorotti, lo Spirito che protegge la natura punisce l’avidità di alcuni cacciatori facendo morire la foresta: proprio quello che i Grima cantano in alcune loro canzoni come ‘Ritual’ e ‘Never get off the trail’ (Tales of the Enchanted Woods) o ‘Blizzard’, da Will of the Primordial (Naturmacht Productions, 2019), visioni nelle quali a fronte di un danno commesso nell’ambiente naturale (per esempio, secondo il mito, uno spargimento inutile di sangue) o di un’imprudenza dovuta a arroganza, l’essere umano patisce il fuoco o muore di freddo.

Ritornando alla leggenda, il ritrovarsi soli in una foresta silenziosa terrorizza gli uomini perché capiscono che senza natura viva anche loro sono spacciati. Sarà il vecchio Tasman, un cacciatore in grado di sentire la voce dello Spirito nel fruscio delle foglie, nel canto degli uccelli e nello scorrere dei ruscelli, a placare la collera del dio e riportare alla vita animali e piante.

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Tasman rappresenta lo sciamano, ovvero colui che è in grado di dialogare con gli spiriti naturali. Da alcuni la Siberia è considerata la madre patria dello sciamanesimo (la parola ‘sciamano’ verrebbe dal tunguso ‘šamān’) mentre secondo altri studiosi come Gumilev (Gli Unni, un impero di nomadi antagonista dell’antica Cina, Einaudi, 1972), lo sciamanesimo sarebbe stato introdotto in Siberia dalla Cina proprio dalle popolazioni nomadi.

Caratteristica tipica dello sciamanesimo è il “viaggio” (in Siberia: kamlan’e), cioè un’esperienza psichica ed extracorporea che comprende stati di trance, metamorfosi in animali e – sempre a detta di chi lo esperisce – confronti e combattimenti con gli spiriti.
Se assumiamo che le visioni presenti nei brani dei Grima facciano parte di questo contesto magico-religioso, ‘Leshiy’, ‘Enisey’, ‘Howl at Night’ (Will of the Primordial) e ‘Cedar and Owls’ da Rotten Garden (Naturmacht Productions, 2021) sono esemplari.

‘Leshiy’ parla dell’inquietante incontro nel folto del bosco con l’antico demone di origine slava cui è intitolato il brano. Leshiy è crudele nei confronti dei viandanti, ai quali fa smarrire la strada, ma protegge gli animali, guidandoli alle loro tane in modo che vadano in letargo e sopravvivano al terribile inverno.
‘Enisey’ è una sorta di meditazione sulla ciclicità della vita e della morte che si svolge accanto all’omonimo fiume e durante la quale avvengono delle metamorfosi.

«Vento tra i capelli; negli occhi / le profondità delle acque dello Yenisei / Affondare come un sasso / Volare come un uccello / Strisciare come una volpe / Nella foresta!»

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‘Howl at Night’ ricorda, ancora una volta, che la Natura deve essere rispettata. Chi ha sperimentato la forza di una tempesta sa che bisogna invocare la protezione degli spiriti e accendere i fuochi nella notte.
‘Cedar and Owls’, infine, con le sue immagini simboliche, parla di chi ha raggiunto uno stato di consapevolezza e intuizione tale da riuscire a “vedere al buio” (come un gufo) e “resistere” (come un cedro) anche nella notte più nera.

«Possedere saggezza / Dove si insinua l’aspra oscurità / File su file di cedri / Mordendo il crepuscolo, i loro occhi scintillanti / I gufi si siedono e contemplano / Sul passato, il futuro / Sul dolore, su ciò che è urgente.»

Il viaggio nell’Oltremondo è impervio. Ecco perché Frostbitten (Naturmacht Productions, 2022) è forse l’album più cupo dei Grima: è un grido di paura e dolore perché la visione dell’incapacità umana di sintonizzarsi nuovamente con la Natura e riparare ai danni fatti toglie il coraggio anche ai più audaci.

«Ogni pietra rotola giù diventando un masso / In terre lontane, fitte foreste / Perché negli occhi / La paura cresce rapidamente» (‘Giant’s eternal sleep’)

Il mondo corre verso la fine e a nulla servono gli appelli a fermarsi, mentre gli Spiriti dei boschi e delle montagne osservano immobili la nostra autodistruzione.

«Ci sarà un lungo sonno nero nel profondo delle foreste / Dal focolare alla bufera di neve mi precipito, corro / Sulle montagne regna l’oscurità / È difficile lì, c’è una paura cupa / E le torri crollano nella fredda oscurità» (‘Into the twilight’).

La disperazione cresce e la visione ormai è apocalittica.

«La bestia selvaggia non dorme / La notte piangerà / Ossa fredde / Le gambe sono rotte / Teschi carbonizzati / La notte piangerà.» (‘Hunger God’)

Ritorna il Grande Gelo, simbolo di Morte, e la foresta (il nostro mondo) si addormenta. Chi vuole sopravvivere dovrà salire sui monti (‘Winter Morning Tower’).

«Cammina attraverso la neve / Mentire per un secolo / Sulle pendici delle montagne bianche / Questa regione mantiene il freddo / I corvi gracchiano / Le ombre cadono silenziose / Stanno volando le bufere di neve / Sulle pendici delle montagne bianche / Un percorso duro / Attraverseremo il pendio / Al castello di una mattina d’inverno.»

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Sentite cosa scrive Saccorotti a proposito dell’iniziazione sciamanica in Leggende sugli sciamani siberiani (Tarka, 2017):

«Le testimonianze raccolte da Ksenofontov tra gli Jakuti parlano di un maestro che prende con sé l’anima del candidato e la conduce in un lungo viaggio estatico sul versante di una montagna. Durante l’ascesa, non priva di pericoli e ostacoli, l’iniziando dovrà imparare a distinguere gli innumerevoli sentieri che, salendo verso il crinale, conducono ai luoghi dove risiedono le malattie. [Lo sciamano, invariabilmente, ha funzione di guaritore. n.d.r.] Gli sarà quindi mostrato come riconoscerle e guarirle e infine verrà condotto nel Mondo di Sopra dove gli sarà riconosciuto l’esercizio della sua arte.»

E, poco più avanti:

«Alla base dei riti di ascensione dello sciamano c’è una particolare struttura cosmologica universalmente diffusa che fonda le sue radici nella credenza della possibilità di una relazione diretta con l’aldilà. Si tratta dell’Asse del Mondo o Centro del Mondo, identificato a volte con l’Albero Cosmico, altre con la Montagna Cosmica. Questa struttura è simboleggiata in Terra dall’albero al centro della tenda, attraverso il quale solo lo sciamano è in grado di accedere al mondo extra terreno e incontrare gli spiriti (…).»

Ora anche il logo dei Grima comincia a essere più chiaro.


Questo articolo è stato pubblicato sul numero 8 /Anno Secondo (2024) della zine cartacea ‘Propaganda – Attitudine Estrema‘ e lo potete vedere riprodotto qui sotto.


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