A proposito della triste vicenda di Lucy Westenra, interessanti sono alcuni passi del romanzo di Stoker1 che descrivono la sua lunga agonia – la quale avviene sotto occhi esclusivamente maschili – perché rimandano – come per Harker – al concetto di malattia come stigma sociale.

È questo il caso del morbo venereo, la sifilide, che si manifesta in maniera subdola e che corrompe la signorina di buona famiglia ma troppo allegra e spigliata e, quindi, di fatto, perduta, obbligando il medico a una riservatezza che ne preservi, specialmente dopo morta, la dignità.
Per questo motivo – osserva Franco Pezzini ne Il Conte Incubo – Tutto Dracula, Vol. I2 – i morsi sulla gola di Lucy, che richiamano le ulcere prodotte dalla lue, vengono pietosamente coperti da Van Helsing con un fazzoletto di seta.
Non solo, l’ipotesi che in un contesto reale la povera Lucy sia morta di sifilide è sostenuta anche dal fatto che, in una scena speculare a quella nella quale Dracula vieta alla bionda vampira di baciare Jonathan, Van Helsing a sua volta impedisce con veemenza a Arthur di baciare la fanciulla morente.
Diario del dottor Seward, 20 settembre
“(…) Lucy mai era parsa così bella, le linee morbide del volto pari all’angelica dolcezza degli occhi. Poi, lentamente, le palpebre le si sono chiuse, ed è sprofondata nel sonno. Per qualche istante, il seno le si è sollevato piano, e il respiro era quello di un bimbo stanco. Poi, quasi insensibilmente, ecco intervenire quella strana metamorfosi che avevo notato durante la notte. Il respiro le si è fatto affannoso, la bocca le si è aperta, e le pallide gengive raggrinzite hanno fatto risaltare i denti più lunghi e aguzzi che mai. (…) Lucy ha riaperto gli occhi, che erano opachi e duri insieme, e ha detto, con una voce dolce, voluttuosa, che mai le avevo udito uscire dalle labbra: “Arthur, oh, amore mio! Sono così contenta che tu sia venuto! Baciami!” Arthur si è chinato avidamente a baciarla, ma proprio in quella Van Helsing, il quale al par di me era rimasto sorpreso all’udire quel tono di voce, gli è piombato addosso e, afferrandolo per la collottola con una violenza e una forza che mai avrei supposto in lui, l’ha letteralmente gettato dall’altra parte della stanza.”

Il timore (e l’orrore) del contagio sono ripresi da Stoker anche in un’altra famosa scena, quella nella quale Mina, dopo essere stata forzata a bere il sangue del Conte, realizza di essere stata contaminata.
La signora Harker ha avuto un altro brivido ed è rimasta in silenzio, appoggiando il capo al petto del marito. Quando lo ha alzato, la bianca camicia da notte di lui è apparsa macchiata di sangue nel punto in cui era stata toccata dalle labbra di lei (…). non appena Mina se n’è accorta, si è ritratta esalando un gemito e ha balbettato, mezzo soffocata dai singhiozzi: “Contaminata, contaminata! Non potrò più né toccarlo né baciarlo. Oh, perché proprio io dovevo divenire la sua peggior nemica, colei che più ha motivo di temere?”
Qui Stoker rievoca un altro spauracchio dell’età vittoriana oltre alla sifilide, e cioè la tubercolosi, e sempre nel Diario del dottor Seward del 3 ottobre, un resoconto piuttosto denso di avvenimenti e “punto chiave” del romanzo, assistiamo anche all’intervento di Van Helsing sulla scatola cranica del povero Renfield, terrificante esempio di una modalità di trattamento della malattia mentale che all’epoca, nei manicomi, non era infrequente.
Renfield il folle è un personaggio simbolo di un confine fra due mondi, quello onirico (diremmo, oggi, dell’inconscio) e quello della razionalità, continuamente violato dalle intromissioni di Dracula; quasi più un posseduto che un malato, e perciò un malato spirituale più che fisico; un pazzo che, fra un delirio e l’altro, recupera un discorso apparentemente lucido ma, in realtà, finalizzato a cancellare le tracce lasciate dal dominio del Conte (e, quindi, della malattia) sulla sua mente.
Questo confondere le acque, che conferma la capacità mimetica del Conte (e del morbo luetico, che conduce anche a attacchi di follia) nel romanzo lo incontriamo anche prima, in questo passo del Diario di Seward del 1° ottobre, quando Renfield, dopo una crisi, sembra aver di nuovo un barlume di ragione:
Perdonatemi, dottore. Mi sono lasciato andare. Non avete bisogno di aiuto. Ho tante e tali preoccupazioni, che sono facile all’irascibilità. Se solo sapeste il problema con cui sono alle prese e che mi sforzo di risolvere, avreste compassione di me, e mi tollerereste e scusereste. Vi prego di non farmi mettere la camicia di forza. Ho bisogno di pensare, e non posso farlo liberamente se sono legato. Sono certo che mi capite!

Seward decide di capirlo e “abbassa la guardia” – direbbe Van Helsing – per studiarne il comportamento… Finendo dritto dritto nella trappola di Dracula. Infatti, durante la notte del 2 ottobre il povero Renfield è vittima di un terribile “incidente” e ciò che accade nelle ore successive viene registrato appena il giorno dopo.
FINE II PARTE.
- Per questo saggio ho fatto riferimento a: Bram Stoker, Dracula, trad.it. di Francesco Saba Sardi, Mondadori, Milano, 1979 ↩︎
- Franco Pezzini, Tutto Dracula, Vol I, Odoya, Città di Castello (PG), 2019 ↩︎

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