Il 20 luglio 2013 era di sabato. Mi trovavo al Festival di Topolò, nelle Valli del Natisone. In serata era prevista la visione in anteprima del film di Lorenzo Bianchini ‘Oltre il guado’, girato in paese e nei dintorni.
Siccome avevo saputo che si trattava di un horror ero andata per tempo a prendere posto sulle panche della corte che durante il Festival si trasformava in cinema all’aperto.

Lungometraggio low budget, narrativamente minimalista e con effetti speciali ridotti all’osso ‘Oltre il guado – Across the river’ all’epoca fece, a buon diritto, incetta di premi, diventando ben presto un cult.
Il film di Bianchini, che rientra fra i migliori omaggi al cinema di Pupi Avati, racconta la storia di un etologo che studia il movimento degli animali selvatici per mezzo di telecamere e rimane bloccato in un paese al confine tra Italia e Slovenia a causa delle forti piogge.
Fra le mura diroccate degli edifici abbandonati trova i segni inquietanti del passaggio di un predatore e altri indizi piuttosto antipatici che, manco a dirlo, lo porteranno a fare incontri terrificanti.

Una storia nerissima nella quale riaffiora il tema della licantropia1 ma che diventa originale perché associa a questo tropo narrativo altri riferimenti folklorici2 e una vicenda dai toni realistici, occorsa durante la guerra, nella quale ignoranza e violenza hanno portato a un terribile epilogo.
‘Oltre il guado’, infatti, obbliga lo spettatore a fare i conti con paure ancestrali, mantenendo sempre la tensione al massimo. Una tensione che, sarà stato il genius loci di Topolò a regalarmela per farmi vivere un’esperienza indimenticabile, davvero horror, mi accompagnò anche nella notte seguente la visione del film.
Quando la proiezione iniziò era pieno di bambini, tranne il mio che, per fortuna, era rimasto in tenda con il papà. Molte persone stavano in piedi e altre si erano sedute appoggiando la schiena al vecchio fienile che costeggia la stradina sul lato esterno della corte.
A un quarto di film i bambini non c’erano più e, dopo un po’, mentre il protagonista entrava in una vecchia scuola abbandonata, si sentì un urlo provenire da quelli addossati al muro del fienile perché la porta si era aperta di colpo e una ragazza era caduta oltre la soglia, nel buio.
Poteva sembrare un episodio comico e, in effetti, rallentato il battito cardiaco e appurato che la fanciulla era tutta intera, a più di qualcuno scappò una risatina, non fosse che anche gli elementi naturali decisero di “scaldare” l’atmosfera.
Nel film piove spesso e piove di più quando sta per succedere qualcosa di brutto.
Nella realtà incominciò a tuonare e si alzò il vento. Riuscimmo a vedere la fine del film per un soffio, poi arrivò la tempesta.
Corsi al riparo, e iniziò l’incubo.
Avevamo avuto il permesso di montare la tenda in paese, nel piccolo spiazzo di fianco a una casetta, sotto un albero. La posizione era riparata, tuttavia il vento si faceva sentire, muoveva i rami dell’albero e questo, sommato alla luce del lampione posizionato nella strada sottostante, creava un teatro delle ombre piuttosto inquietante. Ma non bastò. A un certo punto, fra lo scroscio della pioggia e lo scricchiolio dei rami, distinsi un rumore che mi fece rizzare i capelli.
Plic-plic-plic…
Nel film la goccia che cade in un bicchiere pieno d’acqua è il segnale che l’orrore è prossimo.
Plic-plic-plic. Il suono proveniva da dietro la tenda.
Girai la testa a destra e a sinistra: gli altri due dormivano della grossa.
Plic-plic-plic. Chiusi gli occhi e tirai il sacco a pelo sopra il naso.
Plic-plic-plic. Li riaprii e mi sembrò di avvertire un movimento vicino all’albero.
Restai immobile, distesa fra due corpi immobili, in attesa che un artiglio fendesse il tessuto.

La tortura durò fino all’alba. Uscii a fumare una sigaretta. Dietro alla casetta c’era un bidone di latta che il giorno prima non avevo notato. Il bidone era colmo di pioggia e sotto l’albero l’erba era tutta calpestata, come se qualcuno, o qualcosa, ci avesse girato intorno.
- Sulle origini dell’immaginario collegato alla licantropia nel mondo slavo trovate un dossier composto da cinque articoli che inizia qui: Lupi dei Carpazi – Lisa Deiuri ↩︎
- Le due gemelle richiamano anche la figura del folklore slavo nota come Rusalka. Le Rusalke sono spiriti di donne uccise in prossimità di corsi d’acqua, simili per certi versi alle Banshee irlandesi. Ne parlo più approfonditamente qui: Leptirica, la Donna Farfalla – Lisa Deiuri ↩︎

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